24 giugno, 2007

LA VAL DI FIEMME ed IL TREKKING DELLE LEGGENDE


Il Trekking delle Leggende (http://www.trekking.trentino.to/cms-01.00/articolo.asp?IDcms=834&s=1&l=it) è un’iniziativa nata nel 2006 per offrire all’escursionista esigente la possibilità di percorrere circa 200 Km di sentieri tra storia e natura sui monti che circondano le magnifiche Val di Fiemme , Val di Fassa e San Martino Castrozza ( vedasi cartina allegata).

Navigando su internet ho scoperto questa iniziativa ed ho voluto verificare la bontà di quanto promesso ; ad esperienza fatta ritengo che le parole e le immagini non possono descrivere le sensazioni vissute : la natura incontaminata, la bellezza dei paesaggi , i profumi ed i suoni sono quanto di meglio si riesca ad immaginare ed ogni minuto trascorso aggiunge una sensazione mai provata.

Per quanto ottenuto ringrazio la simpaticissima Nadia dell’Azienda del Turismo della Val di Fiemme che sarà ben felice di fornire ulteriori dettagli e spedire gratuitamente il DVD del Trekking delle Leggende ( mailto:nadia.delvai@valdifiemme.info ) e le guide Riccardo e Franco che mi hanno accompagnato lungo i sentieri della Catena del LAGORAI.


Il primo giorno di ambientamento ho avuto come guida il sig. Albino, proprietario dell’albergo SASS MAOR di Predazzo, che si prodiga tutti i giorni sia d’estate che d’inverno per consentire ai suoi ospiti di conoscere i monti che circondano le vallate.

Abbiamo fatto un’escursione sui monti LATEMAR seguendo il percorso :
Pampeago (1757 m) – Rifugio Zischgalm - Sentiero Geologico 504 – Passo Feudo – Sentiero 516 fino alla quota 2329 m – Sentiero 22 fino al monte Oberholz – Sentiero 23 fino alla Malga La Mens – Ritorno al rifugio Zischgalm e quindi Pampeago.

Il secondo giorno ho voluto provare la sensazione dell’ escursione in solitudine ed ho rifatto in parte il percorso del giorno precedente spingendomi ben oltre in un percorso sicuramente più impegnativo ma di grande bellezza :

Pampeago (1757 m) – Rifugio Zischgalm - Sentiero Geologico 504 – Passo Feudo – Sentiero 516 – Rifugio Torre di Pisa – Sentiero 18 per Forcella dei Camosci fino a ritrovare il monte Oberholz.



Una variante con dislivello minimo parte dalla Forcella dei Camosci prosegue sull'altopiano sul sentiero nr° 516 fino alla Forcella dei Campanili, con panorama sul Lago di Carezza, la Val d'Ega e il Catinaccio. Si rientra alla Forcella dei Camosci sullo stesso sentiero e si prosegue sul sentiero 23 fino alla Malga La Mens – Ritorno al rifugio Zischgalm e quindi Pampeago.


L’immagine non rende la visione del monolite : l’effetto è quello di vedere una torre pendente come quella di Pisa. Il paesaggio comunque è veramente notevole e vale tutto il sudore necessario al raggiungimento dell’obiettivo.

Il Catinaccio visto dalla Forcella dei Campanili

Lungo il percorso , fino alla quota di 2300 m circa , è possibile osservare la bellezza della flora : piccole stelle alpine, anemoni gialli e genziane blu cobalto contornati da innumerevoli altri fiori e dovunque bellissimi cespugli di rododendri.










Le successive escursioni sono state fatte con guida sui sentieri del Gruppo LAGORAI ; a mio avviso la natura più selvaggia e la vastità del comprensorio devono consigliare gli escursionisti meno esperti a non avventurarsi in questa zona senza una guida.

Rispetto al LATEMAR la zona del LAGORAI è costituita da rocce porfiriche che trattengono l’acqua e quindi è facile trovare ruscelli di acqua limpidissima e numerosi laghetti di origine glaciale.

La natura boschiva di pini cembri è rigogliosissima ed ha dato luogo ad alberi monumentali che vale sicuramente la pena di vedere . Vi riporto per comodità il sito che descrive tali fenomeni e la loro posizione
http://www.valdifiemme.info/alberiMonumentali/alberimonumentali.htm

Nelle escursioni fatte sono riuscito a vedere l’ ETERNO ed il RE LEONE .

L'Eterno



Il Re Leone

L’escursione , che io chiamo dei laghi, è partita dalla Malga di Valmaggiore dove si arriva in auto percorrendo un sentiero sterrato lungo 5-6 Km da Predazzo. Mi soffermo sulle malghe che si incontrano su questi sentieri perché sono molto belle e caratteristiche ed offrono un sicuro rifugio all’escursionista.
Il Trekking delle Leggende in realtà nasce con l’idea di utilizzare queste malghe come rifugio notturno per rimanere in quota e in prossimità dei sentieri. E’ evidente che occorre uno spirito di adattamento ma ritengo che chi compie questo sacrificio vivrà qualcosa che gli rimarrà dentro per sempre.
L’Agenzia Turistica comunque ha ovviato a queste difficoltà con una serie di trasferimenti in auto o pulmino in modo da trasferire gli escursionisti tra l’albergo ed i sentieri.



MALGA VALMAGGIORE

Il percorso dei laghi si è sviluppato sul seguente tracciato :

Malga Valmaggiore – Sentiero 339 – Lago di Moregna – Sentiero 349 – Lago Brutto – Lago delle Trutte o Trote – Forcella Coldosè –Sentiero 349 fino al Rifugio Cauriol. In questo rifugio è stato allestito un piccolo ma ben organizzato museo della guerra che vale la pena di visitare. I reperti bellici sono situati su una rete attaccata al controsoffitto del rifugio e ci sono bombe a mano, elmetti e munizioni varie sistemati su alcune mensole dietro ai tavoli dove si consumano degli ottimi piatti tipici trentini.

Il sentiero 349 è una mulattiera costruita nella Prima Guerra Mondiale dai soldati italiani ed è molto suggestivo ripercorrere questo vie sapendo quanta sofferenza hanno visto in tanta gioventù.




Rifugio austriaco

Lungo questi sentieri è difficile incontrare qualcuno e quindi si ha la sensazione di vivere un’avventura personalissima. Ho avuto la fortuna di vedere il volo di un’aquila , peccato non sono riuscito a filmarla, ascoltare il fischio delle marmotte e qualche volta vederle.

Lago di Moregna e Malga di Moregna



Lago Brutto ( non ha niente di brutto !!!)


Lago delle Trote


Veduta dalla Forcella Coldosè

L’itinerario dell’escursione successiva ha preso il via dalla Malga Manghen che di fatto rappresenta l’ingresso alla Val di Fiemme.

Riporto l’itinerario completo dell’escursione che ritengo la più bella fatta in questi giorni :

Malga Manghen – Sentiero 322/A su cui si incontra l’Eterno – Lago delle Buse – Visita al Re Leone ( è necessario abbandonare il 322/A e seguire le indicazioni con una certa attenzione per non mancare un bellissimo obiettivo ) – Sentiero 322/A costeggiando il Montalon , la Pala del Becco fino alla Forcella Montalon – Sentiero 362 passando per la Malga Cazzorga - Malga Stellune e lago di Stellune – Sentiero 321 per la Forcella di Val Moena – discesa lungo i sentieri 317 e 317/B fino alla Casera delle Capre.


Lago delle Buse









A conclusione della mia vacanza , ma non certamente degli itinerari a disposizione, l’ultimo giorno ho fatto una puntatina per vedere due monti singolari per la loro posizione : il Corno Bianco ed il Corno Nero.
Il Corno Bianco è chiamato così perchè è fatto di dolomia ed il Corno Nero porta questo nome dalla roccia porfirica che lo costituisce.

Due sentinelle a guardia delle vallate che invitano il viaggiatore al rispetto della natura e della sua bellezza.

Corno Bianco

Corno Nero



Questa è la cartina dei sentieri che potrete trovare sul sito del Trekking delle Leggende.

Arrivederci.

mailto:vincenzosparaco@yahoo.it

19 aprile, 2007

Trekking in gruppo: l’ occasione.

Il camminare insieme in un gruppo, implica doverosamente adeguarsi ad una scelta volontaria e propria, ma condivisa con altri. Questa scelta spesso viene afferrata da tutti come un dato scontato, ovvio, ma non è così. Sono certamente importanti i compagni di viaggio, ma ancora più importante è il perché quella giornata la si è dedicata ad una uscita: all’escursione. Quale scopo c’é nel condividere il gesto del camminare in un sentiero?

Credo fermamente che la condivisione di un percorso, qualsiasi esso sia, promuova una crescita personale. L’apertura mentale sta proprio nel determinare un rapporto con gli altri compagni di viaggio, il confronto e l’impressione che si ha sull’ambiente che ci ospita e ci meraviglia ad ogni passo. Determinare quindi una condivisione, in rapporto alla funzione che le persone hanno intorno a noi al raggiungimento ed al completamento del viaggio è di fondamentale importanza.
Questo non obbliga e certamente non implica la mera sintonia o la condivisione di accordi ideologici e di idee di qual si voglia natura, ma costruttivamente vede l’altro come risorsa dell’occasione. Quella occasione che in quel preciso momento è servita per unire i tre elementi fondamentali del trekking fatto a piedi.
E’ importante, a mio avviso, stabilire quali sono i tre fondamenti dell’ “occasione”:
1) L’ambiente come luogo.
2) Camminare.
3) Il gruppo.

Se si analizzano singolarmente i tre punti occasionali come motore di insieme, si nota che essi sono strettamente legati ed interconnessi, ma tutti comunque privi della ragione d’essere. Quella ragione quale fondamento che implica come base di motivazione il perché si è accettato di unire uno o più giorni del proprio e prezioso tempo libero, ad una tale ed interconnessa scelta personale.
Il luogo, l’ambiente circostante è certamente una scelta “ideale” di svago e di conoscenza; camminare implica in se fatica fisica sana legata al pensiero; il gruppo di partecipanti è la sostanziale condivisione dell’escursione, di un ritrovato rapporto proporzionale e dimensionale con tutto l’insieme e se stessi, dunque ancora l’occasionalità nella scelta volontaria di essere lì e ancora lì.


E’ vero, sono stato particolarmente peso, ma spero comunque di non avervi annoiato troppo e soprattutto che questo mio breve pensiero a volte velatamente critico, abbia contribuito ad una scelta ancora più convinta alla partecipazione ad un trek condiviso, ma più armonioso e consapevole.

Paolo B.

31 gennaio, 2007

Il Lavoro della Commissione Sentieri

Quei segni sul territorio
Articolo di Marco Bellucci Coordinatore Gruppo Lavoro Sentieri
C.A.I. Prato sez. “Emilio bertini”.


Per raggiungere una località è importante prima di tutto sapere quale strada percorrere. Questo vale soprattutto se vogliamo camminare sicuri specialmente in montagna. Sono i volontari del Cai, coadiuvati dai vari Enti predisposti alla cura del territorio che guidano i nostri passi, segnando ed indicandoci i sentieri che ci condurranno dove desideriamo.
Alcuni di questi potremmo denominarli “della memoria”, perché percorrendo valli e boschi ci guidano anche ad appuntamenti sia con il nostro passato sia ad avvenimenti divenuti storia o leggende.
La manutenzione dei sentieri, sia verticale sia orizzontale prevista dai regolamenti Cai e dal nuovo regolamento Ret è iniziata tempo fa, e, come gli esami della vita, non finisce mai. Il Cai sta appunto riorganizzando la rete sentieristica pratese coadiuvato dall’Assessorato alle Aree Protette in accordo con gli Enti pubblici, le Comunità Montane, i Comuni e le Pro Loco con la loro indispensabile memoria. E’ necessario ringraziare tutti, anche quelli che sfuggono all’elenco, per il non facile lavoro svolto. Insieme hanno contribuito a valorizzare i collegamenti intervallivi ma anche i sentieri tematici e culturali.
L’ultimo intervento è stato dedicato alla modifica del Sentiero 56, che adesso parte dall’area di sosta nei pressi del Mulin de’ Fossi, più vicino al fondo valle ed al capoluogo del Comune di Vernio, per salire, attraverso la frazione di Luciana, alla Torre di Luciana per poi innestarsi col sentiero 00 alle pendici di Poggio di Petto.

In concomitanza è stato realizzato un sentiero tematico che sia dalla frazione di Luciana sia dal Mulin de’ Fossi sale al famoso Sasso delle Fate. Ed è qui che un sentiero, oltre che a farci percorrere un territorio, ci conduce indietro di molti secoli facendoci viaggiare nel tempo. Basta scorrere le annotazioni di libri antichi, oppure interrogare chi l’ha sentito raccontare dai nonni che l’hanno ascoltato dai loro antenati, per conoscere la storia dell’infelice amore di Tebaldo, all’inizio ricambiato, per Edgarda, figlia del giudice Uguccione. Della bramosia del Conte per la fanciulla che aveva infine sedotto e che era diventata sua succuba. Della vendetta ordita dal padre di lei ai danni del superbo conte. D’accordo con Tebaldo il giudice aveva teso una trappola ad Uguccione, facendolo portare nel bosco da due suoi fidi servitori. Qui era stato incatenato dentro una grotta, la cui entrata fu inesorabilmente murata. Immaginate la tremenda fine che l’aspettò. Edgarda fu avvelenata dal padre perché colpevole di aver ceduto alle lusinghe di Uguccione.

A lungo si udirono strani lamenti intorno allo scoglio maledetto e gli abitanti dei dintorni erano certi che il luogo fosse stregato. L’improvvisa scomparsa di Uguccione alimentò la fantasia popolare e a leggenda fu presto costruita e tramandata. Si tratta di una storia vera? Documenti dell’epoca, sembra confermino che uno scheletro fu veramente ritrovato, ancora con le catene ai polsi, murato in una grotta. E quei lamenti che si udivano, erano provocati dal vento che tormentava le fronde vicino al triste sasso, oppure era sempre il vento che li ripeteva all’infinito? Molti li attribuirono anche alle fate che abitavano nel luogo, innamorate di Uguccione e disperate per non poter liberare un uomo così prestante e bello. Comunque sia, la grande roccia ci è stata tramandata come “il Sasso delle Fate”.
E’ magico abbandonarsi alla fantasia piuttosto che a fatti di cronaca, specialmente se a riportarci al passato sono sentieri godibili come quello appena descritto.

Fortunatamente sono in progetto molte iniziative da realizzare in futuro. Ad esempio prendersi cura della GEA, la Grande Escursione Appenninica, che su progetto della Regione Toscana dovrà essere ripristinata con segnaletica orizzontale e verticale nel tratto che compete la nostra zona, dal Valico del Citerna a Badia a Taona. I sentieri della Val di Carigiola, che portano alle cascate omonime conosciute forse da pochi fortunati. Ed altro ancora.
Speriamo che presto queste iniziative diventino realtà e che ci guidino alla scoperta di una natura unica e irripetibile, ed anche, perché no?, ad altre magie affascinanti alimentate da misteriosi eventi, che il nostro territorio nasconde geloso.

28 novembre, 2006

COSA METTERE DELLO ZAINO



Cosa mettere nello zaino è una domanda che ci poniamo spesso quando partiamo per un’escursione. Occorre tenere presente che uno zaino troppo pesante può rendere faticosa un’escursione e quindi non bisogna esagerare con il cibo o con oggetti di cui se ne può fare a meno.

Abbigliamento
Si deve prevedere il cosiddetto "abbigliamento a cipolla" ossia copertura a strati, ognuno dei quali con diverse caratteristiche di permeabilità, protezione dall'aria, dall'acqua o traspirazione. Ciò consente di poter adattare l'abbigliamento al mutare delle condizioni meteorologiche senza mai avere troppo caldo o troppo freddo. Si devono sempre utilizzare scarponi da montagna anche se apparentemente non ce ne sarebbe bisogno. Le mutate condizioni meteorologiche o situazioni di emergenza non possono essere affrontate con delle scarpe da ginnastica. Infine è opportuno portare con sè un K-way o una mantella impermeabile anche se hanno il difetto di aumentare la sudorazione corporea.

Cibo
E’ bene portare con sé acqua o bevande energetiche a sufficienza soprattutto nella stagione estiva. Per quanto riguarda gli alimenti non bisogna dimenticare che il classico panino con il prosciutto impiega molto tempo per essere assimilato dall’organismo. La frutta sia fresca che secca invece viene assimilata rapidamente, anche se dà un senso di sazietà minore. Le barrette energetiche sono molto efficaci perché vengono assimilate rapidamente e sono utili in caso di sovraffaticamento e calo di zuccheri. Tutto ciò naturalmente deve essere messo in relazione sia alle esigenze individuali sia alla difficoltà del sentiero programmato.

Oggetti da escursione
Occorre sempre documentarsi sul percorso relativo all’escursione, sia attraverso pubblicazioni specifiche sia attraverso informazioni reperibili su internet e non affidarsi sempre al capo gruppo. In ogni caso è bene avere con sé la mappa del luogo e magari una bussola (si rimanda alla sezione “orientamento” all’interno di questo sito). Talvolta è bene avere a portata di mano un coltello multiuso. Un oggetto indispensabile in certe situazioni di emergenza, ovvero quando si perde il sentiero e si è costretti a bivaccare di notte in qualche rifugio di fortuna, è il telo termico. Lo si può acquistare nei negozi di articoli sportivi, costa pochi euro ed occupa poco spazio nello zaino. Infine, per lo stesso motivo, è bene avere una piccola torcia o una lampada frontale.

Conclusioni
Naturalmente tutto quanto è stato esposto deve essere messo in relazione alla tipologia di uscita, alla stagione in cui viene svolta, alla sua durata media prevista oltre che i pericoli oggettivi e soggettivi a cui si va incontro. Si è tralasciato di parlare di cosa occorre portare quando l’escursione è sulla neve, quando l’escursione dura più giorni e tutto il materiale per il pronto soccorso che merita una trattazione separata. Infine vi sono tutta una serie di oggetti non indispensabili, che ognuno può scegliere di portare come occhiali da sole, crema solare, binocolo, altimetro, macchina fotografica.

L'esperienza rimane comunque la migliore consigliera, per poter fare degli zaini completi e nello stesso tempo leggeri. E' inutile riempirsi di materiale "perchè c'è ancora posto". Per un'escursione di una giornata non si dovrebbe superare i 4-5 Kg di peso.
La posizione dei singoli oggetti deve essere fatta partendo dal basso con i più pesanti o i meno utilizzati, risalendo con quelli più leggeri o di più frequente utilizzo. Nella tasche laterali, si deve posizionare il materiale più piccolo e una piccola scorta alimentare.
Enzo Grande

20 novembre, 2006

All' improvviso Monte Morello


Indomiti, convinti della validità delle previsioni meteo, abbiamo solcato i sentieri di Monte Morello seguendo Gianfra, riuscendo a ritornare sani e salvi alle auto nonostante la nube che ci avvolgeva.
Anna

Io sinceramente, non credevo che nonostante il tempo brutto e l' escursione "ufficiale" rimandata a domenica 26 novembre, qualche amico abbia comunque deciso improvvisamente di passare in compagnia una giornata sul Monte Morello......BRAVI!!!! Paolo

I partecipanti (non in ordine): Gianna, Lina, Anna, Valentina, Gianfranco, Roberto, e l'altro Roberto l'amico di Gianna.

W il trek

23 giugno, 2006

Via Alpina ……..attraverso le Alpi

Vi segnalo un’importante iniziativa escursionistica: Via Alpina, sotto questo nome sono compresi cinque itinerari possibili, distinti da un colore diverso ognuno: Rosso, Viola, Giallo, Verde e Blu. Tutti gli itinerari hanno lo stesso obbiettivo, portare l’escursionista da Trieste a Monaco attraversando le Alpi in 5000 km di sentieri, toccando ben 8 nazioni.
Con un itinerario così articolato è possibile vivere ed osservare ambienti tra i più belli del mondo con storia, cultura e tradizioni antiche. Sentieri ben segnalati, dove è possibile camminare in tappe giornaliere o programmare itinerari di più giorni o di settimane intere, usufruendo dei molteplici punti tappa, rifugi e alberghi per il pernottamento o per il ristoro, con tanti punti di accesso e serviti dai trasporti pubblici; insomma innumerevoli vie escursionistiche da organizzare secondo la propria esperienza e passione.
La più grande palestra d’Europa……. Visita il sito dedicato:

http://www.via-alpina.org/

Paolo

17 maggio, 2006

Il Grande Anello

Gli anni scorrevano, insieme ai molti itinerari percorsi, ma tra alti e bassi, la voglia di affrontare nuove e per noi inedite avventure aumentava di stagione in stagione, e come ogni inizio di primavera cresceva dentro Silvia e me, il desiderio di evadere dalla quotidianità del lavoro e della città.
Come sempre affezionati, anche per via delle nostre remote origini al Mugello, lo si percorreva spesso, visitando anche posti molto impervi, poco battuti e solitari. Durante i nostri trekking giornalieri tra quei monti “dolci”, ci prendeva il desiderio di poter camminare lungo tutto il suo perimetro, il suo crinale. L’unica possibilità era di studiare il tracciato So.f.t. (sorgenti fiorentine trekking), sentiero con segnaletica dedicata ai crinali del Mugello che prometteva allora, ma di fatto ancora oggi è possibile, il giro completo lungo i suoi crinali, seguendo un tracciato segnalato in colore giallo, anziché nei tradizionali colori C.A.I. bianco/rosso.
Certo che per poter effettuare una simile escursione di circa 240 chilometri e con svariate migliaia di metri di dislivello complessivo, occorre organizzarsi in tempo…

Non è raro che a molti camminatori vengano in mente idee simili, molti attraversano lunghi tratti a piedi, da soli o con viaggi trekking organizzati: l’ “Appalachian Trail” per esempio (sentiero che segue la catena dei monti Appalacchi – Est U.S.A.), è un itinerario lungo 3.400 chilometri che si dilunga dalla Georgia al Maine attraversando 14 Stati americani, questo è il sentiero principe dei lunghi percorsi, un sogno per tutti gli amanti della natura e dell’avventura arricchita inoltre da mille incertezze; un altro grande percorso, è il Cammino di Santiago, un vero e proprio pellegrinaggio religioso, che parte dalla Francia e arriva attraversando la Spagna del nord sulle coste dell’Atlantico, appunto a Santiago de Compostela, oggi fortunatamente tutelato dall’Europa e inserito nel patrimonio dell’UNESCO. L’attraversamento delle Alpi o gli itinerari desertici del nord Africa o delle distese ghiacciate del nord Europa sono comunque estremamente importanti sia per la bellezza dei luoghi naturali che toccano e sia per la lunghezza degli itinerari e anche per la loro durezza, hanno veramente di che donare avventura vera e tanta voglia di viaggiare e scoprire….

Ogni percorso citato, ogni itinerario grande o enorme o piccolo che sia, ha bisogno di essere pianificato, ovviamente tutto in relazione al suo grado di difficoltà.
Così si è deciso per il giro a piedi nel Mugello, non tanto per le condizioni estreme praticamente inesistenti, non tanto per la solitudine dell’itinerario, comunque costellato da paesi e paesini, non per le distanze impossibili, ma solo e semplicemente per la sua inedita bellezza e “profondità” storica, in fondo una ricerca delle radici della nostra reciproca origine “mugellana”.
Gli ultimi giorni di preparativi prima della partenza, si controllano tutte le varie tappe e quello che sarà possibile visitare durante la camminata, approfittando anche dei giorni in cui non si cammina per approfondire la conoscenza di questa terra ricca di antiche pievi, monasteri, torri medievali, musei dedicati alla vita contadina e all’incredibile ed inaspettata natura.

Il primo giorno, inizia una cammino che ci porta a percorrere 237 chilometri in 15 giorni (11 di cammino effettivo), lì per lì, la gioia di iniziare un’avventura per noi importante e tanto attesa, ti fa sentire un mezzo esploratore, un pioniere di se stessi, si mette alla prova la propria voglia di libertà e il proprio fisico; ma si pensa anche ai prossimi giorni da affrontare.

Il secondo e il terzo giorno di cammino hanno dell’incredibile, il distacco dalla quotidianità e dalle comodità a cui si era abituati, impongono un adattamento, anzi un riadattamento fisico e mentale, e si cerca di dare un senso a tanta fatica, ma si prosegue e ci si domanda anche: ma non era meglio aver pensato ad un altro tipo di vacanza?
Dal quarto giorno di cammino, o pensi già di ritirarti dal trekking tornando a casa, o al contrario, cominci ad abituarti.
Poi con lo scorrere dei giorni, la forza per proseguire deriva dalla passione quella vera, che comincia a salire dal più profondo dell’animo, infatti ormai è da giorni che non si vedono che crinali, boschi, torrenti; le persone che si incontrano lungo i sentieri sui crinali del Mugello nel mese di agosto sono rarissime e guardare la cartina è l’unico modo di sapere quanto percorso hai fatto fino a quel momento e quanto ne dovrai ancora fare.

Il susseguirsi dei pernottamenti in piccoli alberghi, scuole in disuso attrezzate a rifugio, campeggi, antiche coloniche e qualche agriturismo, segnano le tappe, mete di un rinnovamento quotidiano, un movimento continuo di libertà, di luogo nuovo, con la consapevolezza che solo la nostra passione e i nostri piedi potranno continuare a realizzare questo miracolo; poi l’inaspettato contatto con la gente, i gestori, talvolta incuriositi ci chiedono informazioni e come sta proseguendo il nostro viaggio a piedi.
Qualcuno incrociando il nostro cammino ci chiede: “ da dove venite? ” la nostra risposta è sempre più forte man mano che i giorni passano: “ sarebbe meglio chiederci da quando veniamo!? ”.

Il tempo e lo spazio, in un contesto di continuo e quotidiano trekking, assumono per noi gente di città una dimensione nuova. Dentro di noi, ogni minuto, ora o luogo è vissuto in pieno, fusi insieme in una sola parte integrante.
Quando infine ritorni a casa dopo tanti giorni di cammino, rinnovato e purificato, il pensiero ritorna al Grande Anello del Mugello, e la voglia di ripartire prende subito il sopravvento.
Paolo & Silvia 1999.2001-2006

14 aprile, 2006

Il primo pernottamento all’aperto - quarta e ultima parte

Il furioso scalciare e il continuo frusciare sulla tenda vicina, con rantolii e fauci digrignati, raspamenti e tenui strillii, si scagliò su di noi …….gelo: “aiuto!!! aiuto!!!aiut!!”, sentii immediatamente parole frenetiche glassate di paura: “aprite!!!! Aprite! Apriiiiiiiiiiiiiii!!! Era mio cugino Marco che dalla sua tenda accanto, dove avrebbe dovuto riposare da solo, schizzò letteralmente tra me e la Silvia nel nostro riparo; restammo tutti e tre irrigiditi e atterriti, con basse parole qualcuno disse: “sarà un cinghiale, magari ha sentito odore di mangiare!” Intanto gli altri tre amici, dall’altra tenda, lanciavano sommessi e tenui brusii di chi non vuol farsi sentire dal “killer” in agguato.
Dopo circa un quarto d’ora i rantolii e gli ululati cessarono. Ricominciammo a muoverci lentamente all’interno delle tende, ma parlavamo sempre sotto voce. Prendemmo torce e coraggio, tutti e sei uscimmo lentamente come ladri braccati dai sottili rifugi.
La tenue luce delle torce rivelò subito il dramma consumato, incredibilmente quello che pareva nelle nostre fantasie un cinghiale imbestialito, davanti ai nostri occhi si rivelò solo un piccolo capriolo morto e mezzo squartato che probabilmente allontanatosi dalla madre, ci aveva rimesso la vita. Il colpevole ansimante e ancora eccitato per la caccia, sopra la sua vittima.
Il caro compagno di quella avventura, cane pastore tedesco con la testa di lupo italiano, aveva ora il muso mezzo insanguinato e la piccola e tenera creatura esanime, tra le sue zampe: sbranata.
Fu proprio una terribile, lunga notte, e tantissimi i discorsi e commenti, soprattutto la mattina dopo, con il sole già alto e le paure della notte ormai dissipate. Raggiungemmo così la nostra meta: la Cascata dell’Acqua Cheta.
fine quarta e ultima parte....

03 aprile, 2006

Il primo pernottamento all’aperto - terza parte


Nasceva però l’esigenza di vivere un po’ più a fondo l’avventura, infatti fino al quel momento le nostre escursioni si limitavano all’arco di una giornata o massimo due percorsi in giorni diversi.
Così cominciammo a sognare e di conseguenza a programmare itinerari che durassero appunto, più di un giorno.
Decidemmo per l’Acqua Cheta. Proprio in questa occasione aprimmo le tende per la prima volta, eravamo in sei ragazzi, che sicuramente avevano l’intenzione di dormire la notte in un bosco, ma mai avrebbero immaginato quello che li aspettava di lì a breve e credetemi, non furono proprio sogni d’oro. Eravamo partiti da Firenze, in un pomeriggio di sabato di inizio giugno del 1996, direzione San Godenzo. Lasciate le auto, cominciammo a camminare in salita verso la Colla della Maestà, il pomeriggio era soleggiato e caldo, fatica e sudore non tardarono ad arrivare. Alla nostra comitiva si era nel frattempo aggregato anche un cane pastore tedesco con la testa di lupo italiano, che si mostrò subito molto affabile e affettuoso. Superato il crinale, chiamato Colla della Maestà, scendemmo pian piano per una strada bianca, una vecchia carrareccia che porta dopo qualche chilometro al famoso torrente chiamato Acqua Cheta; ma non vi arrivammo quel giorno, si decise appunto di pernottare e ci fermammo sopra un piccolo altopiano ricco di erba alta, dove si poteva godere di un bel panorama appenninico; piazzammo tre tende e in breve mangiammo la nostra fugace cena. Tra parole e risa, ci calammo più comodamente possibile all’interno dei nostri rifugi di tela.

La notte incalzò e all’esterno era ormai buio completo, pian piano l’aria andava riempiendosi in modo crescente di suoni e rumori sconosciuti sempre più intensi nella notte, vibrazioni che certamente ci stavano trasmettendo ansia e mistero.
I rumori in un bosco la notte, quando la luna che illumina le tenebre non c’è, provocano dentro di noi meccanismi ansiogeni; l’ignoto è palpabile perché la vista, il senso per tutti gli uomini più immediato e necessario, è inutile. Vedere fuori dagli abitacoli era praticamente impossibile, facevamo silenzio, ma mentre l’udito si faceva sempre più acuto, i rumori si amplificavano e la paura e il mistero nelle nostre menti prendeva il sopravvento, i cigolii degli alberi spettrali mossi dal vento e gli occhi che non penetrano che il nero della notte, fecero il resto.
Una crescente angoscia e una scossa elettrizzante di paura inaspettata probabilmente in tutto il gruppo di sprovveduti che si chiedevano certamente quello che per me e per la Silvia divenne in quel palese momento certezza, non essere lì, di aver commesso un grave errore che poteva infine anche risultare fatale…..terrore. Quando ad un certo punto, ahimé, il dramma avvenne!
fine terza parte....

28 febbraio, 2006

LE ORIGINI DEL NOSTRO CAMMINARE - seconda parte


Per fortuna qualche volta qualcuno si aggregava ……. rare erano infatti le occasioni di condividere i percorsi che la Silvia via via mi proponeva. Gli amici puntualmente dopo aver provato una o massimo due volte declinavano gli inviti successivi con molteplici ed mirabolanti scuse.

Però, pian piano qualcosa incominciava ad entrarmi in testa ….. quella indifferenza e fastidio che provavo ogni volta che mi mettevo gli scarponi, cominciava a far posto ad un distratto e sottile piacere. Le cose che anche a distanza di lungo tempo l’una da l’altra mi sorprendevano di più erano i segni delle stagioni, i colori mutanti della natura e la familiarità che i luoghi cominciavano ad assumere, quel sottile riconoscimento che proviene dalla conoscenza dei sentieri, da un posto magari visitato tempo prima, con un altro che stavo scoprendo in quel momento. Nel lento procedere dei nostri trekking si trovavano vecchie torri o pievi abbandonate, Silvia mi raccontava molte cose dei posti che visitavamo, e personaggi Appenninici come Etruschi, Liguri e antichi Romani, Longobardi cominciavano a prendere forma ed echeggiare nella mia mente e nel fitto del bosco….mi immaginavo confini da difendere, battaglie, scaramucce, imboscate e rumori d’ armi, suoni di tromba e trame nebbiose di tempi che furono.

Come dicevo, anche qualche amico o collega di lavoro si aggregava alle nostre “spedizioni”, io e Silvia ci tenevamo, come oggi in fondo, a condividere e far apprezzare quei luoghi ad altri, magari già visitati poco tempo prima, per noi questo è importante ancora adesso. Spesso ci chiedevamo come molte persone non apprezzassero quel genere di attività: i passi e il lento procedere alla scoperta di paesaggi poco noti, con forme vagamente “esotiche” cioè che, non ti aspetteresti a quaranta cinquanta chilometri da casa.
fine seconda parte....

22 febbraio, 2006

Etruschi: un trekking per antiche rovine tra “vita e morte”

E’ mistero, quello che si percepisce sentendo parlare anche semplicemente del popolo degli Etruschi. Quando poi si visitano le Vie Cave qualcosa di più concreto ci avvolge inondando le menti di congetture e domande spesso senza risposta.
Etruschi e trekking non hanno molto in comune a prima vista; però una attenta sensibilità rivela quanto questo popolo cultore della terra, quella stessa terra divisa tra bassa Toscana, alto Lazio e Umbria occidentale, abbia avuto intrinseco il culto della natura, la divinazione della Madre Terra, l’arte che ne deriva, dove le Vie Cave sono il legame stesso di quel magnetismo terrestre che conduce alla conoscenza, un nodo spirituale tra la nascita, la vita e la morte. Sono poi i borghi fortificati di Pitigliano e Sorano con le chiese romaniche e le necropoli etrusche di Sovana a rendere questa parte di Maremma luogo sospeso nel tempo oltre che particolare e misterioso, nulla certamente ha da invidiare a luoghi più famosi come Stonehenge o le piramidi in Egitto.
Una miriade di collegamenti, una ragnatela di solchi profondi scavati nel tufo, vie provenienti direttamente da un’insondabile passato, ricoperte di vegetazione spesso nascoste completamente nella terra.
Il perché esatto, gli Etruschi abbiano lavorato per ottenere Vie così imponenti lunghe e profonde, si spiega quindi nella sacralità e nella ricerca del più profondo senso dell’esistenza. Così ancora oggi queste Strade Sacre collegano resti di antichi villaggi e necropoli, le dimore dei vivi a quelle dei morti.
Un itinerario culturale realizzabile nei pressi di Sovana, dove sono almeno sei le necropoli scavate nel tufo, tra le più importanti: la tomba di Ildebranda a poggio Felceto, la tomba del Tifone a poggio Stanziale, Grotta Pola a poggio Prisca e con tanti altri sepolcreti rupestri.
Queste testimonianze da noi concretamente ereditate, a ragione di una civiltà complementare alla nostra, oggi più che mai fondamentale a quella cultura europea le cui radici sarebbero semplicemente ramificate in una miriade di popolazioni Celtiche con usi e costumi più elementari, del “passa parola” e dei “tumuli”; una Europa senza la civiltà degli Etruschi sarebbe dunque stata estremamente più povera ed anacronisticamente più omogenea.

19 febbraio, 2006

...il trekking fatto con la mente e con i piedi.

Molteplici le voci che attribuiscono la derivazione del significato della parola “trek” alle carovane turche o alle popolazioni del sud Africa o ai coloni Olandesi in fuga.
Certamente quale e che sia il popolo che ha usato per primo questa espressione, gli Inglesi “ to trek ” l’ hanno identificata e adattata al significato del muoversi da un luogo ad un altro. Oggi, il termine trekking ha certamente un significato diverso, mutato in un modo straordinariamente positivo e vivace, una attività che è comunque rimasta paradossalmente pionieristica; infatti, definire il trekking uno sport è banale ed è un grossolano errore, soprattutto perché esso non ammette competizioni e/o grandi qualità fisiche.
Al contrario il trekking è pura passione, è attività lenta e contemplativa che evolve in un punto fermo, cioè nella ricerca dinamica di se stessi, della natura, alla scoperta o meglio alla ri-scoperta dell’anima e all’ arricchimento dello spirito e di ciò che materialmente lo circonda e lo completa, quindi ambiente e persone che con noi ci accompagnano in questo cammino.
Percorrendo sentieri silenziosi più o meno ardui, si forma il momento: un “attimo” lungo un giorno dedicato al pensiero e alla meditazione; il tempo stesso viene trasformato in altro, riducendo la sua velocità e consistenza.
Quindi la riscoperta della sola azione semplice del camminare, si rivela un gesto naturale e finalmente a misura d’ uomo, quest’ultima caratteristica è essenziale per il benessere psico-fisico.
Riassumendo, il trekking apre le braccia a tutti, indistintamente: non ha pregiudizi d’alcun genere, poiché propone diversi stadi di difficoltà liberamente fruibili e personalizzabili.
Il trekking racchiude in se una grande palestra sul territorio, una tela sul quale dipingere ed ammirare le immagini di natura e la storia umana che si preferisce, è una terapia che permette di riacquisire in noi sensazioni e percezioni salutari al fisico ed alla mente.
Chi del trekking ha fatto il suo stile di vita, è consapevole che desidera riavvicinarsi alla natura e ai suoi elementi ed ovviamente solo lui sa e sente quello che lo fa stare bene nei momenti di libertà.

14 febbraio, 2006

LE ORIGINI DEL NOSTRO CAMMINARE - prima parte






Era il lontano 1989, quando Isabel una ragazza di New York, all’epoca unita ad un più statico siciliano di nome Salvatore, ci invitarono ad una “passeggiata” sul Monte Morello…….incredibile lei appassionata di trekking, diceva che molte zone della Toscana erano simili al Canada dove aveva vissuto un breve periodo.
Io e Silvia, all’epoca del già citato invito, non avevamo la benché minima idea di quello a cui saremmo andati incontro….credevamo che fosse una passeggiata normale con in più un semplice pic-nic finale allegato; anche il nostro abbigliamento non era proprio il più adatto, io avevo un pesante cappotto bianco e scarpe da ginnastica e Silvia ai piedi enormi anfibi neri. Certo non fu un trekking di otto ore e mille metri di dislivello, ma certamente per noi e soprattutto per me, fu una botta di fatica tremenda. Silvia si fece completamente abbindolare dai sentieri e da Isabel e fini molto presto per riempire i suoi scaffali di guide trekking e cartine 1:25.000, scarponi e zaino. La giornata continuo tra imprecazioni del sottoscritto, ed idee per nuove avventure escursionistiche da parte di Silvia, lei aveva trovato così un modo nuovo per torturarmi in estenuanti trekking chilometrici negli anni che sarebbero trascorsi.

Ci furono altre uscite, una che segnò completamente all’epoca l’imminente tragico destino, fu un’escursione con Isabel e il suo compagno nella zona della Calvana che legò completamente nella mente di Silvia la passione per il trekking e del camminare lungo sentieri. Io d’altro canto, in quel periodo, ero portato molto più che adesso ad accontentarla, ero molto giovane e innamorato……accidenti……le levatacce mattiniere si sprecavano e gli unici momenti liberi erano in qualche bivio mal segnato in qualche sperduto anfratto boschivo dell’Appennino toscano, con in più l’immancabile tremenda angoscia di perdermi ad ogni passo.
Isabel e Salvatore presto si separarono e si persero i contatti con loro, e francamente non sappiamo che fine abbiano fatto, e non avemmo più guide “spirituali”, restammo soli. Silvia con un’immensa montagna di idee di nuovi percosi trekking da fare e io a cercare una montagna di scuse per evitarli.
Soli, camminavamo sempre in piena solitudine, ed è questo che più oggi mi salta alla memoria, forse anche la nostra età, io nel 1990 avevo ventuno anni e figuriamoci se i miei amici e coetanei volevano condividere i loro momenti liberi e di svago in sentieri montani chilometrici e dislivelli estenuanti, magari il tutto condito da levatacce mattutine…. manco per idea! Dunque all’inizio almeno per i primi cinque sei anni, non ho amato per niente il trekking, mi pesava e spesso camminare lo consideravo snervante e inutile….fatica senza senso.
fine prima parte....